• Simona Pareschi

Si chiama L’Opera al Nero la nuova mostra inaugurata a Genova dedicata alla collezione di Franco Maria Ricci. L’esposizione, aperta al pubblico fino al 30 giugno 2024, è un omaggio alla figura del grande editore, stampatore, grafico e collezionista. Nata dalla collaborazione tra la Fondazione Franco Maria Ricci e Palazzo Ducale, è curata da Pietro Mercogliano e allestita di Maddalena Casalis.

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Qui si unisce l’evento di Genova Capitale del Libro con le origini genovesi dell’editore: tra materiali inediti, opere scultoree della sua collezione e tavole originali. In mostra anche il volume dedicato alla città, Genova la Bella, con i testi come sempre illuminanti di Giuseppe Marcenaro.

La mostra si muove nel tempo e tra diversi settori, tra i quali: grafica pubblicitaria, studi tipografici, assortimenti di caratteri da stampa, istantanee della vita di Ricci tra presentazioni di volumi e incontri mondani. Vengono presentati insieme pannelli scenografici coloratissimi di false prospettive, Barocco e Pop (come i suoi busti colorati alla Andy Wharol), e pezzi del suo catalogo editoriale, in cui si possono trovare un’infinità di titoli differenti: Storie Prodigiose, Le città dell’Amore, Minnesänger – Il grande manoscritto di Heidelberg, Ex-Voto, Hackert – Vistas del Reino de Nápoles, Wildt, El-Fayyum, Napoleone Apocrifo, Arturo Martini, Erté, Il Congresso del Mondo, L’Apocalisse e I Vangeli.

Un volume in particolare, La Cina, le arti e la vita quotidiana viste da Padre Matteo Ricci e altri missionari gesuiti, ha uno spazio dedicato: Matteo Ricci, avo di Franco Maria, andò in oriente per convertire la Cina al cristianesimo e tornò riportando in occidente molto della cultura cinese.

Franco Maria Ricci, pfgstyle, la salottiera, il salotto di patrizia finucci gallo

Franco Maria Ricci la mostra

Una sala della mostra è dedicata all’arte suprema di Luigi Serafini e al suo Codex Seraphinianus, il “Manuale del Possibile”, pubblicato in prima edizione nel 1981. Questa opera testimonia la capacità da Franco Maria Ricci di interpretare l’arte nei modi più diversi.

Ricci dice di essere nato editore: “di questa discendenza non so dispiacermi, giacché i libri sono, o  dovrebbero essere, nobili cose”. Una grande foto in bianco e nero del giovane Franco Maria Ricci lo ritrae con Jorge Luis Borges e introduce alla sala che espone le copertine della collana La Biblioteca di Babele. Sono un capolavoro di grafica tra colori raffinatissimi e cornici decorate: “Collana di letture fantastiche diretta da Jorge Luis Borges” – recita in copertina ogni volume – dove sono raccolti piccoli libri scelti personalmente dallo scrittore argentino. Il titolo della collana si ispira infatti direttamente al famoso racconto di Borges del 1941, e raccoglie, fra gli altri, testi di Chesterton, H.G. Wells, Voltaire e Hawthorne.

In mostra vi sono i disegni del progetto per il Labirinto del Masone – che portano subito la memoria all’architettura illuminista di Ledoux, ed anche alla più sana edilizia cittadina italiana – disegnato da Pier Carlo Bontempi per Fontanellato e aperto al pubblico nel 2015.

Questa mostra è una piccola Wunderkammer – lui definiva così la sua collezione d’arte – i cui pezzi si mescolano, si addossano e concrescono, come gli intarsi e i sedimenti di un Muschelwerk. Lo stile di Ricci produce immagini molto belle, forse troppo belle, e la misura tende a stemperarsi, spesso, nella dismisura, negli eccessi del pop.

Il suo stile è turgido e gonfio, pomposo forse, eppure contenuto da vincoli grafici davvero precisi, come nella collana I segni dell’uomo, dove il nero della copertina e l’oro delle impressioni suscitano ineffabili profondità. Ricci scrive che il nero e l’oro non siano colori funebri, funebre per lui è invece il bianco; nel contempo evoca le “pompe funebri”. “L’insolente fecondità della morte barocca”, come ha scritto André Chastel.

Franco Maria Ricci, pfgstyle, la salottiera, il salotto di patrizia finucci gallo

Franco Maria Ricci e la rivista FMR

Il titolo della rivista FMR, acronimo del nome dell’editore, può anche essere letto, con sofisticata ambiguità, in francese, come Éphémère – ἑφήμερος, ciò che dura soltanto un giorno. Scorrere l’indice della rivista è come avere di fronte un palinsesto di tutte le meraviglie del mondo: L’Araba Fenice e La Mappa del Mondo ne danno già una chiara idea.

Nel nuovo numero della rivista Laura Casalis scrive: “il titolo della mostra, ‘L’Opera al nero’, può prestarsi a equivoci: se Ricci amava il nero non era per le connotazioni liturgiche o politiche e nemmeno per quelle esoteriche (la nigredo alchemica); il nero – somma e denso impasto di tutti i colori – era per lui il colore della vita. Era anche quello dell’eleganza”.

Eppure, l’Opera al Nero, in alchimia, è l’inizio del processo tecnico e teologico di trasmutazione, simbolo primo di trascendenza e superamento, cancellazione dell’Ego (!!) e processo di raffinamento spirituale.

Alchimia, in arabo, significa Terra Nera.

E il nero, si sa, sta bene su tutto.

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