È il 1924 quando a Coco Chanel viene affidata la creazione dei costumi per il balletto “Le train Bleu”, su soggetto di Jean Cocteau; il titolo fa riferimento al colore dei compartimenti del treno frequentato dall’alta società dell’epoca per raggiungere i luoghi di villeggiatura della Costa Azzurra. L’opera non riscuote un grande successo: è presto ritenuta una pièce sfacciata, l’esibizione in costume da bagno e completo da tennis un azzardo di cattivo gusto, ma si è trattato in realtà di una scelta compiuta affinché i ballerini risultassero fluidi nei movimenti, in armonia con la spensieratezza dell’opera. Proprio negli anni Venti Chanel presenterà la Collezione Cruise, una linea composta da abiti appositamente concepiti per essere indossati in vacanza e per questo leggeri, freschi, versatili.

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Jean Cocteau fra gli interpreti del balletto Le Train blu, costumi di Chanel

Chanel presenterà a maggio la Collezione Cruise nelle cave Carrières de Luminières,  scenario nel 1960 del film “Il testamento di Orfeo” diretto da Jean Cocteau 

Dopo l’annullamento della sfilata a Capri lo scorso anno a causa dell’emergenza sanitaria, la Maison ha dichiarato che il prossimo 4 maggio sfilerà con la collezione Cruise, questa volta nelle suggestive cave di calcare di Carrières de Luminières, a Les Baux-de-Provence, già scenario nel 1960 del film “Il testamento di Orfeo”, diretto da Cocteau stesso. Si assisterà dunque, dunque a un delizioso repêchage culturale, a conferma del connubio esistente tra Chanel e l’artista.

Nato a pochi chilometri da Parigi nel pieno della Belle Époque, Jean Cocteau abbandona gli studi liceali per tuffarsi nel vivido magma culturale di Montparnasse e dei suoi cabaret, punti di incontro per gli intellettuali infiammati dallo spirito degli Anni Folli. Ben presto habitué del celebre locale “Le Bœuf sur le Toit”, prende parte alla fervente vita mondana parigina, entra in contatto con artisti di ogni campo, divenendo lui stesso una figura culturale di spicco nella società francese, dove si distingue per sperimentare le molteplici declinazioni dei movimenti d’avanguardia, tuttavia in lui equilibrati da una nostalgia verso il mondo classico.

In un simile clima di entusiasmo, ha luogo una contaminazione di ispirazioni e di influenze reciproche: la moda si confronta con diversi ambienti culturali e non era dunque raro imbattersi nella figura dello stilista-mecenate desideroso di far conoscere i nuovi talenti; ne consegue uno scambio che permette all’arte di diffondersi a un pubblico più ampio e al contempo alla moda di ottenere una credibilità maggiore. Gli stilisti si sentono ora liberi di esprimersi e di oltrepassare i dettami imposti fino ad allora dallo spirito borghese ottocentesco in fatto di abbigliamento.

In questo panorama Cocteau inizia la sua vita costellata di incontri e scambi con il mondo della moda; realizza copertine per la rivista Harper’s Bazaar e sottopone a diversi stilisti i disegni che di frequente accompagnano i suoi componimenti. Per la collezione Autunno-Inverno del 1937, Elsa Schiaparelli riproduce i bozzetti dell’artista sul jersey, con l’intento di dare vita a capi provocatori dalla silhouette classica: due volti ricamati sul retro di un soprabito si trasformano in un vaso di rose in seta, mediante un gioco di inganni per l’occhio, mentre dei lunghi fili dorati sono in verità una chioma femminile che impreziosisce per intero la manica di una giacca.

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Cocteau è arbiter elegantiarum quando ispira Cartier nella realizzazione della vera Trinity, dopo aver visto il mignolo del poeta ornato da tre anelli in un ritratto realizzato da Modigliani; tra i tavoli dei cabaret incontra Gabrielle Chanel e fa conoscenza con Christian Dior intento a ricercare nelle notti parigine lo stimolo per la propria indole creativa. Un legame che si consoliderà a tal punto da portare lo stilista a dedicargli un abito da sera della collezione primaverile del 1952.

Nel marzo 1945 Cocteau disegna le scenografie e collabora alla realizzazione della mostra “LeThéâtre de la Mode”, una riproduzione in scala di modelli ricavati da scampoli e abbelliti da accessori, frutto della collaborazione di stilisti e gioiellieri francesi, allestita allo scopo di simboleggiare la potenza creativa che la guerra non era stata in grado di scalfire.

Per la tragedia teatrale “Orfeo”, personaggio ricorrente nelle sue opere, affida alla meticolosità di Cristóbal Balenciaga la realizzazione del mantello della morte, mentre Yves Saint Laurent nella sfilata Haute Couture Autunno-Inverno ‘80-‘81 rende omaggio alla poesia dell’artista ricamando alcuni dei suoi versi sui soprabiti.

Di recente, il genio di Cocteau è stato ripreso da Maisons come Dior, con una collezione dai richiami circensi ispirata al suo balletto “Parade”, mentre Schiaparelli non è raro riproponga accessori a forma di occhio, rifacendosi a un suo disegno dal quale era stata originariamente ricavata una spilla.

Dalla casa di Milly- la- Foret all’amata Provenza 

Exterior of the Jean Cocteau House in Milly-la-Foret

Exterior of the Jean Cocteau House in Milly-la-Foret

Il legame di Jean Cocteau con la Provenza è profondo: funge da ispirazione per le sue scritture, ma qui affronta anche il dolore della morte del compagno, il poeta Raymond Radiguet. La sofferenza lo porta a rifugiarsi nella stanza 22 del “Welcome Hotel” a Villefranche-sur-Mer e ad assumere oppio per affrontare la perdita: sarà poi Chanel a sostenere le spese per la disintossicazione dell’amico.

Frequenta “La Pausa”, una dimora fatta costruire dalla stessa Coco, divenuta poi il ritrovo di personalità prestigiose immerso nella calda atmosfera del sud della Francia, più tranquilla rispetto alla ruggente Parigi.

A Mentone trasforma un bastione del XVII secolo in una fortezza fittamente decorata dalla sua mano; poco distante, il ricordo dell’artista è celebrato dal Musée Cocteau, una struttura prismatica opera dell’architetto Rudy Ricciotti, dove si riunisce, in un continuo scambio tra luci e ombre, il lascito di quasi duemila opere donate da un collezionista privato.

Non si può omettere Cannes, che ha riconosciuto a Cocteau l’attività di cineasta interprete della Nouvelle Vague: infatti è eletto Presidente onorario del Festival nel ‘53 e nel ‘54.

La regione rende il suo fermento artistico incontenibile, tanto da spingerlo a disegnare, con tratto deciso, scene mitologiche a lui care sulle pareti candide della residenza estiva dell’ereditiera Francine Weisweller nella penisola di Saint-Jean-Cap-Ferrat: nasce così, per sopprimere la noia, la Villa Santo Sospir o Villa Tatouèe, un manifesto nel dichiarare l’abilità dell’arte di trasformare lo spazio e permettere l’evasione dalle tribolazioni della vita.

Non resta che attendere maggio per scoprire la rinnovata intesa tra moda e cultura in questa cornice in cui la Maison ha scelto di legare, di nuovo, il proprio nome a quello dell’artista.

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