Chi ha seguito pfgstyle è a conoscenza della presa di posizione di alcune giornaliste italiane verso le fashion blogger. Me lo avevano detto una sera a cena, durante Pitti Uomo, nel corso di un’informale chiacchierata sull’argomento. E proprio perché informale avevo scelto di non citare la fonte. Poi la discussione si è avviata, le risposte sul mio blog sono state tante, intelligenti e molto stimolanti. E molti, contrariamente a quanto ci si aspettasse, solidali con l’iniziativa. Così ho richiamato la mia interlocutrice e le ho chiesto di parlarne pubblicamente, alla luce di quanto avvenuto.
Lei è Alessandra Iannelli, giornalista di moda
e penna brillante sulle pagine di “Libero”.
e penna brillante sulle pagine di “Libero”.
Allora Alessandra, è guerra sul serio, tra voi giornaliste di moda della carta stampata e le fashion blogger?
“Vedremo. Il punto non è scatenare antipatie o contrasti professionali, il nostro non è certo un livore contro tutta la categoria dei fashion blogger. Anzi, alcuni dei loro blog sono molto belli, scritti bene e di grande comunicatività. Quello che viene contestato è il messaggio forviante che si sta diffondendo, come se chiunque per il solo fatto di aprire un blog dove mostra i propri look sia da considerarsi un esperto di moda. Se si continua così, ad avvalorare certi meccanismi mediatici, si rischia di invalidare una professionalità riconosciuta come quella del giornalista. Che ha un percorso e una sua gavetta da rispettare”.
Stai sostenendo che le fashion blogger non hanno autorevolezza?
“ Bisogna distinguere. Ho letto nella blogosfera articoli interessanti e si vede che sono stati scritti da persone competenti. E questo fa piacere. Ma ho visto anche tanti altri blog di soli outfit, pari a promozioni commerciali. Improvvisati e gestiti come imprese, questi blog vengono aperti, con i loro fidanzati, da ragazze giovanissime che si muovono bypassando tutti i percorsi scolastici e storici richiesti per lavorare nel mondo della stampa. Mi sembra assurdo e controproducente: vengono sopravvalutate e contrapposte a persone che hanno anni di lavoro alle spalle, che sanno distinguere tessuti, linee, insieme alla storia degli stilisti alla loro formazione”.
Insomma giocare a indossare vestiti è altra cosa dal giornalismo.
“Totalmente un’altra cosa. Ed è il caso di tutelare questa differenza”.
E che cosa occorre, secondo te? Suggerisci forse una regolamentazione?
“Si, qualcosa del genere ci vorrebbe”.
Ma non diventerebbe una forma di censura?
“In effetti il rischio c’è. Credo sia più pertinente avviare un lavoro sull’utente, sul fruitore. Dev’essere chiaro che sta leggendo un blog, non un giornale di moda”.
Credo che chi legge lo sappia benissimo: non escludo sia anzi uno dei motivi per cui molte vanno a vedere i blog e gli outfit di ragazze come loro. Forse, più che agli utenti, quella distinzione andrebbe ricordata alle aziende…
“Ma sai, le aziende sono sempre alla ricerca di nuovi canali di comunicazione e le fashion blogger possono essere più controllate di altri. Mi ricordo il caso della borsa V73, che è diventata un fenomeno proprio attraverso le ragazze dei blog. La rete è un ottimo strumento e, in un periodo come questo di crisi sostanziale e di taglio dei costi, lavorare sui blogger è meno dispendioso di una campagna stampa”.
Dunque che cosa farete? Incrocerete le braccia a fine febbraio durante la settimana milanese della moda?
“Chissà, stiamo ancora valutando…“
Share:
i love your blog so much! *__* <3
http://feather-wings-fashion.blogspot.com/
Secondo me ha proprio ragione!
Sono d'accordo con la giornalista Iannelli in tutto, ma vorrei dire una cosa: anche un blog ben fatto può fare buon giornalismo. Anzi, in alcuni casi, se andiamo ad elencare i meccanismi che muovono un giornale (soprattutto di moda), ci rendiamo conto che i troppi interessi di marketing allontanano il giornale stesso da quello che sarebbe il suo ruolo: "informare senza condizionamenti e pubblicità nascoste dietro finti articoli giornalistici". In Italia ci sono sicuramente tante brave giornaliste (realmente esperte di moda), ma non mi pare che i giornali contengano poi articoli ricchi di informazioni, commenti e critiche approfondite che mostrano tutto questo sapere! Questo accade perchè le giornaliste devono stare alle regole del giornale (e cioè del business e non della mera e corretta informazione), ma anche perchè non tutte le giornaliste più professionali e in gamba trovano posto nei grandi giornali (dove magari meriterebbero di stare). E può accadere così che alcune di queste ragazze (appassionate di moda, preparate nel settore ed anche giornaliste) decidano di creare uno spazio tutto loro e quindi di aprire un blog. E a quel punto un blog diventa uno spazio di informazione e giornalismo di moda, e merita la stessa considerazione di un giornale di moda o di uno spazio dedicato alla moda sui quotidiani!
Gli incompetenti che bypassano scuola ed esperienza sono purtroppo il sintomo di un morbo che colpisce tutti i campi: dalla produzione, alla formazione, ancor di più la comunicazione. Di "sciacquette" sono pieni i fossi. Il settore moda si accorge solo adesso della cosidetta invasione dei "senza talento" ( a tal proposito vorrei ricordare la campagna del settimanale A).
La qualità vincerà sulla lunga distanza. Il rimedio da prendere in piccole dosi e con costanza (come nelle cure omeopatiche) è la cultura. Una paginetta al giorno toglie la sciacquetta di torno.
brava
BRAVA
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Piena solidarietà alla mia omonima. Da vecchia giornalista di Moda che ha percorso una strada faticosa studiando tanto e aggiornandosi continuamente è evidente che vedere un esercito di squinziette sgrammaticate e frivole che scambia un mercato importante come quello del tessile per il mercatino delle vanità a colpi di "Adoooro" oppure con "Oh my God" per quelle che utilizzano un inglese altamente maccheronico per darsi un tono internazionale è intensamente fastidioso... Evidentemente è il mercato ad essere ignorante, si merita le scelte che fa (le aziende che mettono sullo stesso piano chi fa critica e chi va alle sfilate per autofotografarsi con i sandalini nuovi) e i risultati sono evidenti... La Comunicazione è altro dallo scempio che si vede. E' colpa della crisi? Mah...
Unico appunto, mi dispiace il dietrofront. Avrei scommesso la testa che le redattrici milanesi non avrebbero rinunciato per nessuna blogger al mondo a presenziare alle sfilate. Hanno dato uno spunto di riflessione, che come sempre, in Italia, rimane in punta di penna. I "forconi" della Moda? Una chimera...
"Mi piace"
Ciao Patrizia,
sono Grazia ed è la prima volta che intervengo sul tuo spazio dove oggi, tra l'altro, sono finita cercando info su Alessandra Iannelli, che stimo molto.
Se diatriba deve essere, tra giornalista di moda e fashion blogger (aimhè, di queste due interessanti professioni ho abbandonato da tempo la prima e non mi sono mia dedicata alla seconda, farò ancora in tempo?) mi trovo a parteggiare (sarà il passato che ritorna?) fortemente per la prima categoria.
Non per una scelta di stile: adoro lo stile di certe blogger, meno troppo spesso quello di certi alcune giornaliste di moda. Piuttosto sono portata a tale scelta da un certo retaggio culturale che mi porta a considerare meritevole di interesse solo chi offre "valore aggiunto". E nella mia esperienza il valore aggiunto offerto dalle fashion blogger è puramente commerciale per i piccoli (o grandi) marchi in cerca di un traino resistente, talvolta ridanciano, per lo più superficiale.
In attesa dell'evolversi della situazione...
A presto,
Grazia
rimango della mia opinione espressa nel primo post...
il pubblico dei blog che vanno avanti a colpi i OMG oppure Adoro è limitato a ragazzine (vogliamo perdonare un po' di superficialità almeno a loro?) o persone che sono interessate alla moda nei termini shopping-vedo una cosa che mi piace
non c'è niente di male ed è giusto che sia così, i blog i moda a stampo giornalistico non funzionano perchè non sono immediati, freschi, la gente non ha voglia di leggere articoli con paroloni e frasi interminabili o leggere citazioni culturali fatte a sproposito soltanto per fare vedere quante se ne sanno
mi dispiace per chi non riesce ad ammettere la funzionalità dei blog di outfit-moda spicciola e resta arroccato sulle sue posizioni, ma questa è l'evoluzione del web, una cosa che non invalida il giornalismo e le professioni serie della moda,è una cosa diversa